Dal Monte Sinai, palcoscenico del patto tra Dio ed il popolo d’Israele, all’Olimpo, fortezza inespugnabile del pantheon ellenico e tangibilità della perfezione, la montagna accomuna la tradizione monoteista, politeista e mitologica ed è il paradigma del confronto tra l’uomo e la terrificante maestà del sacro.
Il pensiero vola libero fra le alte vette. Prima lambisce l’abisso, poi sperimenta il senso di vertigine per trasformarsi infine in liberazione e nuova conquista. Le imprese dello spirito sono sempre fini a sé stesse, almeno nella misura in cui possono essere intese come sfide al mondo dell’ovvietà e dell’ordinario. Poco rassicuranti, naturalmente, come tutte le sfide, in cui ciò che si scommette comporta inevitabilmente anche il rischio di una perdita. L’artificiosità dell’esistenza che caratterizza il nostro stile di vita diventa un’imbarazzante certezza in montagna, dove la tecnologia non può essere di casa.
Camminare per le strade di New York il giorno del decimo anniversario dell’11 settembre faceva dubitare di essere davvero a New York. La città che non dorme mai, la città che non si ferma mai, proprio quel giorno definiva un’eccezione alla regola. Fieramente, patriotticamente, tutti i newyorkesi seguivano alla tv il discorso di Obama a GroundZero, oppure si raccoglievano intorno a tutto il suo perimetro del luogo che più di tutti evoca per gli americani un senso di appartenenza. Una ferita nel cuore della città che lentamente viene rimarginata dagli incessanti lavori per dare alla città un luogo simbolo per poter commemorare i propri morti. Proprio mentre il presidente Obama stava facendo il suo discorso all’interno di GroundZero, ho notato questa splendida bandiera americana disegnata sul cofano della macchina. Il patriottismo degli americani si nota dalle grandi alle… piccole cose.